Arco di vento per clarinetto in sib e orchestra |
Organico: | (3.3.3.3. - 4.4.3.1 - Pf. - Perc. [Vibr. - Glock. - Mr. - Gong] - A.) | |
Anno di composizione: | 2002-2004 | |
(c): | Suvini Zerboni 2004 | |
Numero di catalogo: | 12381 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione)
12382 (materiale a noleggio) |
|
Commissioni: | Società Vandoren | |
Prima esecuzione: | Torino, Rai Nuova Musica 2005, 3.2.2005
cl. A. Carbonare, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, dir. Z. Nagy |
|
Durata: | 23' | |
Arco di vento è un concerto per clarinetto e orchestra scritto per Alessandro Carbonare e commissionato dalla società costruttrice di ance Vandoren di Parigi. Il titolo evoca diverse possibili suggestioni. Esso sembra infatti parafrasare quello di Corda d'aria, il primo concerto per flauto e orchestra di Fedele, che trae ispirazione dall'idea dell'aria sollecitata all'interno dello strumento come fosse una corda. La parola corda rimanda però anche a una forma curva (la corda di un cerchio) e quindi all'idea di arco e, per analogia, "all'arma antica che qui, idealmente, proietta nell'aria i suoni del clarinetto come dardi di luce che tracciano molteplici scie nel cielo 'armonico' dell'orchestra. La parola vento fa riferimento al termine francese vent, usato per indicare gli strumenti a fiato".
Il brano è una vera e propria composizione sinfonica alla quale tutto il vastissimo organico partecipa appieno anche con diversi interventi solistici. Il clarinetto protagonista si muove a diverse velocità in questo ricco ambiente di risonanza orchestrale. Il suo percorso individua l'espressione prediletta nella forma ad arco e così il titolo trova ulteriori echi nella macrostruttura che prevede il ritorno di varie sezioni in simmetria speculare e nella microstruttura delle figure musicali ascendenti e discendenti proposte dal solista.
In apertura è collocata una cadenza 'illusionistica' nella quale due clarinetti in orchestra riverberano la voce del solista. È un gioco che utilizza la spazialità, grazie alle diverse ubicazioni dei soggetti coinvolti, per moltiplicare la veste timbrica dello strumento protagonista. La posizione iniziale garantisce alla cadenza una funzione introduttiva di ciò che seguirà, quasi si trattasse di un 'indice'. Linguaggi diversi qualificano le sezioni successive: cromatico, spettralista (basato sullo spettro degli armonici di una nota) e modale, contribuendo a caratterizzare intensamente ogni episodio. Al solista, oltre che un grande virtuosismo tecnico nell'agilità, nel controllo del suono, nella qualità e molteplicità delle emissioni, Fedele chiede anche un'esplicita predisposizione alla cantabilità. Subito dopo la cadenza iniziale, infatti, preceduto da una raffinata preparazione orchestrale di stampo decisamente teatrale, s'avvia un episodio (la cui indicazione agogica è semplicemente Canto...) basato su cinque ampie frasi melodiche di un'intensità espressiva di stampo quasi berghiano.
Dopo una lunga fase centrale di grandissima tensione e drammaticità, Arco di vento si conclude con un'ampia zona meditativa, Notturno, in cui Fedele instaura un sorprendente procedimento poetico. Egli infatti esplora il possibile scambio di funzioni tra il solista e l'orchestra. Al primo propone una funambolica scrittura polifonica fatta di suoni multipli, di trilli e tremoli sovrapposti e contemporaneamente ne prevede l'amplificazione e la diffusione stereofonica in sala impostando l'effetto di spazializzazione con la moltiplicazione dei suoni. Il clarinetto è così sottoposto a una dilatazione acustica e polifonica quasi orchestrale. Contemporaneamente l'orchestra subisce un notevole assottigliamento, una sorta di implosione che porta la sua dimensione molto vicina a quella solistica.
Scrive Fedele: "Arco di vento è un soffio teso nell'aria, un baleno la cui scia si proietta nell'orchestra frammentandosi in mille scintille di suono. L'emozione s'infiamma di accelerazioni progressive, talvolta violente, in cui l'orchestra riflette, moltiplicandolo, il profilo tracciato dal clarinetto solista. Finalmente, come meteora apparsa dal mistero e che nel mistero ritorna, il canto ripiega nell'intimità del respiro. Tutto è ricordo, alla fine, che si disperde nell'aria come l'alito di vita che l'ha generato".
a cura di Claudio Proietti
Arco di vento is a concerto for clarinet and orchestra written for Alessandro Carbonare and commissioned by the reed manufacturing company Vandoren in Paris. The title could evoke several possible images. It seems to paraphrase that of Corda d'aria, Fedele's first concerto for flute and orchestra, which took its inspiration from the idea of air being excited inside the instrument as if it were a cord. However, the word "corda" can also refer to a curved shape (the chord of a circle) and thus to the idea of a bow and, by analogy, "to the ancient weapon that here, ideally, shoots the sounds of the clarinet into the air like arrows of light that leave multiple wakes in the 'harmonic' sky of the orchestra. The word 'vento' refers to the French vent, used to indicate the wind instruments".
The piece is a truly symphonic composition in which the vast ensemble participates to the full and even offers some solo episodes. The clarinet moves at different speeds within this rich environment of orchestral resonance. The most pronounced tendency of its course is towards an arc form and thus the title is further echoed in the macro structure which involves the return of various sections in mirror symmetry as well as in the micro structure of the rising and falling musical figures played by the soloist.
It opens with an 'illusionistic' cadenza in which the two clarinets in the orchestra echo the voice of the soloist. It is a game that exploits spatiality, thanks to the different locations of the instruments involved, so that the timbral resonance of the main clarinet is multiplied. Set right at the start of the piece, the cadenza assumes an introductory function to what will follow, almost like an 'index'. The following sections feature a wide range of musical languages: chromatic, spectral (based on the spectrum of the harmonics of a note) and modal, helping to give each episode a distinct character. Fedele requires not only great technical skill from the soloist in the agility, in the control of the sound, and in the quality and variety of emissions, but also a clear predisposition towards a cantabile style. In fact, immediately after the opening cadenza, and preceded by a refined and decidedly theatrical orchestral preparation, we find an episode (marked simply Canto...) based on five broad melodic phrases whose intensity of expression is almost Bergian.
After a long central phase, full of tension and highly dramatic, Arco di vento concludes with a broad meditative zone, Notturno, in which Fedele undertakes a surprising stylistic operation, in which the roles of the soloist and orchestra are virtually exchanged. The former is given an acrobatic polyphonic writing made up of multiple sounds, trills and tremolos, all overlapping, and at the same time the multiplicity of sounds is amplified and diffused stereophonically throughout the concert hall highlighting the effect of spatialization. The clarinet thus undergoes an acoustic and polyphonic expansion that is almost orchestral. The orchestra, on the other hand, is drastically thinned out, in a sort of implosion that brings its dimension very close to that of the soloist.
Fedele writes: "Arco di vento is like a breath passing through the air, a whale whose wake is splashed into the orchestra, breaking into a thousand scraps of sound. The emotion rises with progressive waves of acceleration, at times violent, in which the orchestra reflects and multiplies the line drawn by the solo clarinet. Finally, like a meteor appearing from the mystery and then regressing back into the mystery, the canto withdraws into the intimacy of the breath. All is a memory, in the end, that is dispersed in the air like the spark of life that generated it".
by Claudio Proietti